Mer. Set 24th, 2025

Una carriera iniziata da bambino con i primi calci alla Casertana, proseguita tra piazze importanti come Ischia, Gladiator, Marcianise e Santa Maria, fino ad arrivare ad Alife, la città che è diventata casa e cuore della sua storia calcistica. Giovanni Rea non è solo un allenatore, ma un maestro di vita per generazioni di ragazzi che hanno indossato le maglie delle sue squadre e calcato i campi con la ReAlife, la scuola calcio che porta avanti da anni con passione instancabile.

Con lui parliamo di ricordi, di incontri con campioni e squadre di livello nazionale, ma soprattutto di valori: sacrificio, appartenenza e amore per il calcio dilettantistico, sempre vissuto con dedizione totale e spirito di comunità.

Mister, dove ha iniziato a muovere i primi passi nel calcio?
«Ho cominciato con la Casertana, dove sono rimasto dieci anni, crescendo in quello che considero uno dei migliori settori giovanili del Sud, che ha formato tanti campioni. All’epoca il presidente era Moccia: ci faceva alloggiare nel convitto di San Clemente, dove avevamo la fortuna di incontrare giocatori provenienti da società di tutta Italia.»

E dopo la Casertana, come è proseguita la sua carriera?
«Ho giocato con l’Ischia, il Santa Maria, il Gladiator e il Marcianise, fino ad arrivare ad Alife negli anni ’80. Qui iniziai prima come giocatore, poi come giocatore-allenatore. Da quel momento la mia vita calcistica è stata sempre più legata a questa città.»

Quali calciatori importanti ha conosciuto durante il suo percorso?
«Ho avuto il piacere di conoscere tanti giocatori di Serie A, B e C. Ricordo in particolare Piloni (ex Juventus), ma anche Ranieri, Fazzi, Troia, Reia, Arcolo, Ciontoli, Cirillo e molti altri.»

E quali squadre prestigiose ha affrontato da avversario?
«Ho avuto l’onore di giocare contro realtà importanti come Palermo, Napoli, Reggina, Cavese, Avellino e molte altre.»

C’è qualche allenatore che le è rimasto nel cuore?
«Ne ho avuti tanti, ma quelli che hanno inciso di più sulla mia crescita sono stati mister Banni, Del Frate, Di Monaco, Rizzo e Glovi. Inoltre, non posso non ricordare un grande direttore sportivo, Saturno, uomo di straordinarie capacità umane e tecniche.»

Da quanti anni si dedica alla panchina?
«Come dicevo, ho iniziato già da giocatore-allenatore. Poi mi sono dedicato completamente ai giovani, allenando a Sant’Angelo d’Alife, San Potito Sannitico e soprattutto ad Alife, con tanti ragazzi che oggi sono uomini e che ancora oggi riconoscono il lavoro fatto insieme. Abbiamo partecipato a diversi campionati e tornei, tra cui le indimenticabili esperienze di Barcellona, dove per otto anni consecutivi affrontammo squadre di Serie D ed Eccellenza, raccogliendo belle soddisfazioni.»

Ha mai pensato di accettare proposte da club più blasonati?
«Sì, ho ricevuto delle offerte, ma ho sempre scelto di restare qui, per dedicarmi ai ragazzi di Alife e al calcio locale. È stata una scelta di cuore.»

La sua scuola calcio ReAlife è diventata un punto di riferimento. Ci racconta questa realtà?
«La ReAlife esiste praticamente da quando sono arrivato ad Alife. Ho trasmesso passione e amore per questo sport a tanti ragazzi, in particolare a mio figlio Francesco. Lui oggi è un mister qualificato, si occupa anche di ragazzi con disabilità e gestisce la scuola con grande professionalità. Non ha avuto una carriera calcistica come la mia, ma secondo me è un ottimo allenatore.»

Cosa pensa di aver trasmesso in tutti questi anni di calcio?
«Ho sacrificato molto, anche la famiglia che mi è sempre stata vicina. Credo di aver lasciato qualcosa a tanti bambini, adolescenti e adulti. Non solo risultati sportivi, ma anche valori sociali. Ho ricevuto tanta stima e apprezzamenti, ed è questa la mia più grande vittoria. Il campo resta la mia casa, lì trovo la mia pace. Ringrazio tutti: chi mi ha sostenuto e chi mi ha creato difficoltà, perché ogni esperienza ha fatto parte della mia vita.»