Mer. Set 24th, 2025

Ci sono lavori che si fanno per mestiere. Altri che si fanno per vocazione. E poi c’è quello dell’allenatore, il “mister”, che è un po’ tutte e due le cose insieme: competenza e cuore, strategia e sacrificio. Il post condiviso da Daniele Colasuonno – allenatore, autore, e uomo di campo – ci racconta con parole semplici ma potenti cosa significa davvero vivere il calcio dalla panchina, ogni giorno, ogni settimana, ogni stagione.

Essere mister non è solo disegnare scheqmi sulla lavagna o scegliere un modulo. È esserci, sempre.
Anche quando le gambe ti chiederebbero riposo. Anche quando il morale è a terra. Anche quando fuori piove e dentro c’è un sole spento. Un mister deve saper essere padre, amico, guida silenziosa. Conosce bene il valore di un abbraccio, di una pacca sulla spalla, di un silenzio più profondo di mille parole.

Il lato nascosto della panchina

Dietro a ogni gara ci sono ore di video, di pensieri, di viaggi in macchina, di notti passate a chiedersi “dove possiamo migliorare?”. Il mister è l’ultimo ad andare via dal campo e il primo ad arrivare. Vive nel dubbio costante tra ciò che avrebbe voluto fare e ciò che ha potuto fare. Ma nonostante questo, non si arrende mai, perché quel campo è casa sua.

Colasuonno ce lo ricorda in maniera diretta, umana: “Per un allenatore la partita non finisce mai con il triplice fischio del direttore di gara.” E ha ragione. Le partite non finiscono, si portano addosso. Nei sogni, nei pensieri, nei lunghi viaggi in silenzio verso casa dopo una sconfitta.

Calcio e vita, un binomio inscindibile

Chi sceglie di fare l’allenatore, sa di dover rinunciare a qualcosa. Alle domeniche in famiglia, alle serate tranquille, ai viaggi spensierati. Ma in cambio, riceve qualcosa che non ha prezzo: la crescita dei propri ragazzi, il sorriso di un calciatore che finalmente riesce in un gesto provato mille volte, la stretta di mano di un genitore che dice “grazie”.

Perché alla fine, essere mister è un atto d’amore. È dare, spesso senza ricevere subito. È seminare pazienza e raccogliere passione. È vedere nei propri giocatori dei figli da accompagnare, e nei risultati più duri delle lezioni di vita da trasmettere.

Conclusione

“Vita da mister” non è solo un post. È un manifesto. Una dichiarazione di appartenenza a quel calcio che vive nei campetti, nelle province, nei tornei infiniti, nei sogni dei giovani che ancora credono che tutto sia possibile. Un calcio dove non contano solo le vittorie, ma il percorso, i valori, la voglia di esserci.

Perché, come scrive Daniele:

“Per noi allenatori NON può esistere una vita SENZA CALCIO.”

E noi non possiamo che esserne grati.