La FIGC ha da poco pubblicato il Comunicato Ufficiale n. 34 per la stagione sportiva 2025/2026, un documento che dovrebbe – almeno sulla carta – mettere ordine e chiarezza sulle regole di tesseramento e abilitazione dei tecnici in tutte le categorie, dal calcio professionistico a quello dilettantistico, passando per giovanili, femminile e futsal.
Ma una domanda sorge spontanea:
a cosa serve una regolamentazione se poi nessuno la fa rispettare?
Perché la verità, scomoda ma evidente, è che il calcio italiano è malato di abusivismo, e il virus si chiama “allenatori senza patentino”.
Allenatori improvvisati e panchine illegali
Basta farsi un giro sui campi di provincia per rendersi conto di un fenomeno ormai fuori controllo: tecnici che allenano da anni senza mai aver conseguito una qualifica, ma che continuano tranquillamente a guidare squadre, urlare dalla panchina e persino presentarsi come “esperti” nei bar la domenica sera.
la responsabilità è diffusa ma chiara:
- 50% di colpa al presunto allenatore, che esercita senza titoli e spesso con un’arroganza sconcertante;
- 30% alle società, che pur consapevoli preferiscono risparmiare due spicci piuttosto che investire su un tecnico preparato e abilitato;
- 20% alla FIGC, che spesso chiude un occhio e accetta iscrizioni anche in assenza di un tecnico regolare.
Il risultato? Un sistema allo sbando, dove il rispetto delle regole è un optional e chi fa il proprio dovere, studiando, aggiornandosi, e investendo in formazione… finisce per sentirsi un fesso.
Un insulto a chi è in regola
Ci sono allenatori che da oltre 40 anni esercitano con tutti i requisiti in regola, seguendo corsi, aggiornamenti, rispettando ogni scadenza federale. Eppure si ritrovano accanto personaggi che non sanno nemmeno cosa sia un patentino UEFA, ma riescono comunque a infilarsi in una panchina con l’appoggio di qualche società “amica”.
❝Tutti fanno ciò che vogliono e, spesso, lo fanno illegalmente.❞
È ora di finirla
La FIGC ha gli strumenti per fermare tutto questo. Ma deve iniziare ad usarli. Basta panchine a chi non è abilitato. Basta iscrizioni facili a chi non ha un tecnico regolare.
E le società? Devono smettere di coprire chi non ha né competenze né titoli, perché chi accetta il compromesso dell’illegalità sta solo tradendo il gioco che dice di amare.
Il calcio pulito si difende con i fatti
Il rispetto delle regole non è burocrazia, è garanzia di qualità, crescita, sicurezza per i giovani e per tutto il movimento.
Finché permetteremo agli “allenatori da bar” di occupare spazi che non spettano loro, il calcio italiano continuerà a perdere credibilità.
E allora la domanda va ribaltata:
non cosa serve per allenare, ma perché continuiamo a permettere che chi non ne ha il diritto lo faccia?