Mer. Set 24th, 2025
Il cervello si abitua agli schemi, ma possiamo insegnargli a crearne di nuovi. Ecco come riprendere il controllo e cambiare prospettiva.

Il cervello si abitua agli schemi, ma possiamo insegnargli a crearne di nuovi. Ecco come riprendere il controllo e cambiare prospettiva.

Avete mai giocato a Tetris? Quel vecchio videogioco nato negli anni ’80, in cui blocchi di diverse forme cadono dall’alto e il giocatore deve incastrarli per formare linee continue. Semplice, quasi ipnotico, eppure capace di diventare una vera ossessione.

Non è solo un passatempo: il Tetris può letteralmente cambiare il nostro cervello.

Quando i blocchi invadono la mente

Negli anni ’90, un gruppo di ricercatori della Facoltà di Medicina di Harvard chiese a 27 volontari di giocare a Tetris per ore, ogni giorno. I risultati furono sorprendenti: nei giorni successivi, molti di loro sognavano i blocchi colorati che cadevano dal cielo o, da svegli, li vedevano “comparire” sulle facciate dei palazzi o negli scaffali dei supermercati.

Questo fenomeno ha un nome: effetto Tetris. È una vera e propria “immagine residua cognitiva”, simile a ciò che accade quando, dopo un flash fotografico, vediamo ancora quei cerchietti luminosi negli occhi. Il cervello, bombardato per ore dallo stesso stimolo, continua a riprodurlo anche quando il gioco è finito.

In realtà non è un problema di vista, ma di percorsi neuronali: più ripetiamo un’azione o un pensiero, più il cervello costruisce connessioni che ci portano, automaticamente, a rivedere lo stesso schema ovunque.

L’effetto Tetris nella vita di tutti i giorni

La cosa più interessante (e inquietante) è che questo effetto non riguarda solo i videogame. Pensateci: quante persone conoscete che sembrano bloccate in uno schema mentale?

  • L’amico che trova sempre e solo qualcosa di cui lamentarsi.
  • Il capo che si concentra unicamente sugli errori, mai sui progressi.
  • Il collega che prevede disastri prima di ogni riunione.

Forse, a volte, siamo noi stessi a cadere in questa trappola.

Il nostro cervello è programmato per cercare schemi, ma se questi schemi diventano rigidi e negativi, rischiamo di filtrare la realtà in modo distorto, vedendo solo ostacoli invece che opportunità. È come se stessimo ancora giocando a Tetris, ma nella vita reale: incastriamo i pensieri negli stessi blocchi, senza accorgerci di quante soluzioni alternative ci sfuggono.

Come rompere gli schemi

La buona notizia è che, così come il cervello può costruire schemi, può anche imparare a scioglierli e crearne di nuovi. Ecco qualche consiglio pratico per contrastare l’effetto Tetris nella vita quotidiana:

  1. Allenate lo sguardo positivo – Ogni giorno cercate tre cose belle, piccole o grandi, che vi sono capitate. È un esercizio semplice ma potente per ricalibrare la mente.
  2. Sfidate gli automatismi – Se notate che reagite sempre nello stesso modo, fermatevi e chiedetevi: “Che alternativa potrei provare oggi?”
  3. Cercate varietà – Nuove esperienze, nuove persone, nuovi hobby: più alimentate il cervello con stimoli diversi, meno resterà incastrato negli schemi ripetitivi.
  4. Praticate la pausa – A volte basta fermarsi, respirare e osservare. La consapevolezza interrompe i blocchi che cadono senza sosta.

Non più prigionieri dei blocchi

L’effetto Tetris ci insegna una verità importante: la mente è plasmabile, e quello che facciamo ogni giorno modella il nostro modo di vedere il mondo. Restare intrappolati negli schemi è un rischio, ma anche un’occasione. Perché se possiamo “incastrarci” nei blocchi della ripetizione, possiamo anche imparare a riconfigurare il cervello verso nuove prospettive.

In fondo, la vita non è un videogioco dove i pezzi devono combaciare a tutti i costi. È piuttosto un mosaico da comporre con libertà, fantasia e coraggio.

Di LeonardoPagano

Mi chiamo Leonardo Pagano, sono nato a Vieste nel 1977, e per oltre vent’anni ho indossato la divisa dell’Esercito Italiano. Ho iniziato come volontario, sono diventato Maresciallo, ho comandato plotoni, formato giovani soldati, partecipato a operazioni sul territorio nazionale e all’estero, come in Afghanistan, dove ho lavorato nella cooperazione civile-militare. Ma dentro quella divisa, c’era anche altro. C’era la voglia di capire le persone, di educare, di accompagnare chi avevo accanto nel diventare migliore. Per questo, mentre prestavo servizio, ho studiato. Ho conseguito tre lauree — in Scienze Organizzative, Educazione e Pedagogia — e oggi continuo a formarmi in Psicologia. Da qualche anno ho lasciato l’Esercito e lavoro nella Pubblica Amministrazione. Ho collaborato con l’Ufficio Scolastico Territoriale di Foggia come referente informatico, ma la mia vocazione educativa è rimasta intatta. Sono anche coach, istruttore cinofilo, specializzato nel soccorso in acqua e nella relazione uomo-animale, e ho pubblicato un libro, Il Cammino di Cristalda, in cui racconto emozioni, fragilità e rinascita. Credo nell’ascolto, nel lavoro di squadra, nel coraggio di cambiare. Ho imparato a orientarmi sul terreno, ma ancora di più dentro le persone. Il mio cammino, oggi, non è più sotto le armi: è tra le parole, le relazioni e i gesti quotidiani che costruiscono comunità.