Mer. Set 24th, 2025
Il cervello filtra informazioni come un allenatore filtra giocatori: solo così un club può crescere davvero

Il cervello filtra informazioni come un allenatore filtra giocatori: solo così un club può crescere davvero.

Immaginate una partita di calcio. Lo stadio è gremito, il pubblico urla, la curva avversaria fischia, i giornalisti riempiono le pagine di commenti e statistiche. In mezzo a questo frastuono, il Presidente di una squadra deve mantenere lucidità e prendere decisioni strategiche. Ma come si fa a distinguere il “segnale” – le informazioni che contano davvero – dal “rumore” che rischia solo di confondere e indebolire la visione della società?

Il nostro cervello è costantemente sommerso da informazioni. I ricercatori hanno calcolato che i nostri sensi sono in grado di percepire circa 11 milioni di bit al secondo, ma la parte cosciente del cervello riesce a processarne appena 40. Tutto il resto viene filtrato, elaborato in modo inconsapevole o scartato come fosse “spam”.
Tradotto nel linguaggio del calcio: un Presidente che ascolta ogni voce di corridoio, ogni critica o esaltazione mediatica, rischia di vedere la sua squadra solo attraverso il rumore, perdendo di vista il segnale – ciò che davvero fa crescere un club.

Un esperimento che apre gli occhi

Provate a leggere un testo filtrando solo alcune parole, ignorando le altre. Il cervello, con un po’ di allenamento, riesce a eliminare il rumore e a cogliere il messaggio principale. Ma se invertiamo l’esercizio e chiediamo di concentrarsi solo sul rumore, improvvisamente il tesoro nascosto – cioè il segnale – sparisce.
Ecco il punto: nel calcio, come nella vita, se diamo troppo spazio al rumore (voci negative, previsioni catastrofiche, articoli di polemica), rischiamo di lasciare nell’ombra proprio quei dati e quei segnali preziosi che potrebbero fare la differenza – un giovane talento da valorizzare, un allenatore che chiede tempo, una strategia di crescita di lungo periodo.

Lo zucchero delle informazioni

Chiedetevi: lo zucchero fa bene o fa male all’uomo? Una ricerca veloce su Google vi restituirà centinaia di migliaia di risultati, molti dei quali contraddittori.
Ecco, il rumore funziona nello stesso modo: troppe informazioni discordanti portano confusione, saturano la nostra attenzione e ci costringono a decidere in base alle emozioni più che alla logica.
Un Presidente di squadra che si lascia attrarre dalle “caramelle” delle informazioni facili e immediate (critiche televisive, previsioni di mercato, opinioni da bar) rischia di compromettere il focus su ciò che conta davvero: la crescita della squadra, la fiducia nello staff tecnico, gli investimenti mirati.

L’arte di filtrare per vincere

Gli avvocati conoscono bene la strategia del rumore: sommergere la giuria di documenti per renderla incapace di distinguere i fatti essenziali. Allo stesso modo, nel calcio, gli avversari possono alimentare polemiche per indebolire la concentrazione della società rivale.
Ma la differenza tra chi soccombe e chi vince è tutta qui: saper filtrare. Un Presidente che si concentra sul segnale, e non si lascia travolgere dal rumore, potenzia il rapporto segnale/rumore e diventa capace di prendere decisioni lucide, efficaci, orientate al futuro.

Dal campo alla dirigenza: un vantaggio competitivo

Nel libro Prima della Felicità, lo psicologo Shawn Achor spiega come la capacità di distinguere il segnale dal rumore sia un vantaggio competitivo enorme in un mondo sovraccarico di stimoli. Nel calcio vale lo stesso principio: chi sa filtrare diventa un leader che guida, ispira e costruisce basi solide per il successo.
Se invece ci si lascia distrarre dal rumore, si finisce per inseguire emergenze, rincorrere critiche e perdere di vista il vero obiettivo: la crescita costante della squadra.

Messaggio finale per i Presidenti: allenate la vostra mente come chiedete ai vostri giocatori di allenare i muscoli. Non lasciate che il rumore prenda il sopravvento. Cercate il segnale, custoditelo e fatene il motore delle vostre decisioni. Solo così la vostra squadra potrà davvero giocare il suo campionato migliore.

Di LeonardoPagano

Mi chiamo Leonardo Pagano, sono nato a Vieste nel 1977, e per oltre vent’anni ho indossato la divisa dell’Esercito Italiano. Ho iniziato come volontario, sono diventato Maresciallo, ho comandato plotoni, formato giovani soldati, partecipato a operazioni sul territorio nazionale e all’estero, come in Afghanistan, dove ho lavorato nella cooperazione civile-militare. Ma dentro quella divisa, c’era anche altro. C’era la voglia di capire le persone, di educare, di accompagnare chi avevo accanto nel diventare migliore. Per questo, mentre prestavo servizio, ho studiato. Ho conseguito tre lauree — in Scienze Organizzative, Educazione e Pedagogia — e oggi continuo a formarmi in Psicologia. Da qualche anno ho lasciato l’Esercito e lavoro nella Pubblica Amministrazione. Ho collaborato con l’Ufficio Scolastico Territoriale di Foggia come referente informatico, ma la mia vocazione educativa è rimasta intatta. Sono anche coach, istruttore cinofilo, specializzato nel soccorso in acqua e nella relazione uomo-animale, e ho pubblicato un libro, Il Cammino di Cristalda, in cui racconto emozioni, fragilità e rinascita. Credo nell’ascolto, nel lavoro di squadra, nel coraggio di cambiare. Ho imparato a orientarmi sul terreno, ma ancora di più dentro le persone. Il mio cammino, oggi, non è più sotto le armi: è tra le parole, le relazioni e i gesti quotidiani che costruiscono comunità.