Mer. Set 24th, 2025
Trasformare la sconfitta in trampolino: la psicologia che aiuta a rialzarsi più forti di prima.

Trasformare la sconfitta in trampolino: la psicologia che aiuta a rialzarsi più forti di prima.

Ogni atleta, dal campione olimpico al ragazzo che gioca nella squadra di quartiere, conosce bene la sensazione della sconfitta. Lo stadio che si svuota in silenzio, la classifica che non mente, la voce interiore che accusa: “non sei stato all’altezza”. È un momento duro, quasi insopportabile. Eppure, è proprio lì, nel cuore della crisi, che può nascondersi la strada più preziosa di tutte: quella che ci permette di “cadere in su”.

Il cervello umano, infatti, è un instancabile cartografo. Disegna mappe mentali per orientarci: che si tratti di scegliere la tattica giusta in campo o di decidere se affondare un colpo decisivo in una trattativa, ogni nostra scelta è un bivio. Immaginate di essere di fronte a un rigore decisivo: nella testa si aprono diversi sentieri possibili. Segni, sbagli, il portiere para, la curva esplode. Non ci fermiamo mai al punto di partenza: tracciamo continuamente percorsi e previsioni.

Ma quando arriva la sconfitta? Quando la gara finisce male o l’infortunio ci mette all’angolo? Ecco che la nostra mappa interiore si oscura. Le strade sembrano due: restare fermi nella delusione o scivolare ancora più in basso, perdendo fiducia e motivazione. In realtà, c’è sempre una Terza Via, quella che trasforma il fallimento in trampolino, la caduta in una spinta verso l’alto.

Lo psicologo Shawn Achor, nel suo libro Il Vantaggio della Felicità, la chiama appunto la capacità di “fallire in su”: riuscire a leggere gli ostacoli non solo come ostacoli, ma come allenatori invisibili che ci indicano nuove direzioni. La scienza lo conferma: quando impariamo a concepire una sconfitta come occasione di crescita, il cervello attiva risorse inaspettate, aumenta la resilienza e apre scenari che prima non vedevamo.

E nel mondo dello sport, questo vale più che mai. Pensiamo a Federer che, dopo ogni delusione, tornava in campo a reinventarsi. O a Bebe Vio, che ha trasformato un dramma personale in un successo mondiale. Non si tratta di retorica, ma di neuropsicologia applicata: più cerchiamo la strada in salita, più il cervello diventa capace di trovarla.

Cosa impariamo noi, sportivi di ogni giorno?

  1. Accetta la caduta, ma non restarci dentro. Il dolore di una sconfitta è reale, ma è solo una tappa della mappa, non la destinazione finale.
  2. Allenati a cercare la Terza Via. Non chiederti solo “perché è andata male?”, ma “quale nuova possibilità può aprire questa situazione?”.
  3. Trasforma la difficoltà in carburante. Ogni volta che usi la delusione per migliorare, stai rafforzando il tuo cervello come un muscolo.
  4. Circondati di compagni e allenatori mentali. Nessuno “cade in su” da solo: serve un contesto che ti aiuti a vedere la strada che da solo non vedi.

La differenza tra un atleta che resta intrappolato nella frustrazione e uno che diventa più forte dopo un insuccesso non è la fortuna, ma la capacità di leggere la mappa giusta. La prossima volta che perderai – perché succederà, e lo sai – ricordati che la caduta può essere il primo passo verso un’ascesa più alta.

Questo è il primo tassello di un viaggio che faremo insieme: impareremo, articolo dopo articolo, a leggere le sconfitte non come macigni ma come gradini. Perché nello sport, come nella vita, la vera vittoria non è non cadere mai, ma imparare a cadere in su.

Di LeonardoPagano

Mi chiamo Leonardo Pagano, sono nato a Vieste nel 1977, e per oltre vent’anni ho indossato la divisa dell’Esercito Italiano. Ho iniziato come volontario, sono diventato Maresciallo, ho comandato plotoni, formato giovani soldati, partecipato a operazioni sul territorio nazionale e all’estero, come in Afghanistan, dove ho lavorato nella cooperazione civile-militare. Ma dentro quella divisa, c’era anche altro. C’era la voglia di capire le persone, di educare, di accompagnare chi avevo accanto nel diventare migliore. Per questo, mentre prestavo servizio, ho studiato. Ho conseguito tre lauree — in Scienze Organizzative, Educazione e Pedagogia — e oggi continuo a formarmi in Psicologia. Da qualche anno ho lasciato l’Esercito e lavoro nella Pubblica Amministrazione. Ho collaborato con l’Ufficio Scolastico Territoriale di Foggia come referente informatico, ma la mia vocazione educativa è rimasta intatta. Sono anche coach, istruttore cinofilo, specializzato nel soccorso in acqua e nella relazione uomo-animale, e ho pubblicato un libro, Il Cammino di Cristalda, in cui racconto emozioni, fragilità e rinascita. Credo nell’ascolto, nel lavoro di squadra, nel coraggio di cambiare. Ho imparato a orientarmi sul terreno, ma ancora di più dentro le persone. Il mio cammino, oggi, non è più sotto le armi: è tra le parole, le relazioni e i gesti quotidiani che costruiscono comunità.